"Voglio rifugiarmi sotto il Patto di Varsavia/voglio un piano quinquiennale, la stabilità". E per chi alla Tav preferisce la Transiberiana Torino-Vladivostok

суббота, марта 18, 2006

Keynesiani o pro-global? No, piano quinquennale!

Pensavate, o gretti borghesi da strapazzo, che le idee di rivoluzione fossero già morte? Macchè, una salutare "vacanza rieducativa" al bel sole di Pyongyang ha rimesso in sesto il vostro cronista nonchè riempito di inchiostro il suo calamaio per raccontarvi di ciò che accade sub-alpe. Ed infatti recuperata al volo una "Pravda del Popolo", subito mi si para agli occhi una novità, anzi La Novità: il Soviet Supremo dopo mesi di lavoro in sordina e tonificanti drink alla Stalin, ha finalmente redatto e promulgato il Primo Piano Quinquennale. Un monumento di carta di 324 pagine (il primo tomo è in regalo col giornale) che finalmete ci dirà cosa faremo di cinque anni della nostra vita, dopo una tardo-adolescenza passata tra incazzature a progetto e una tranquilla precarietà quotidiana. Che dire: tutto organizzato, tutto previsto, tutto analizzato... ci sono già, perfino, le stime dei risultati del quinto anno! E ti si apre il cuore: le Langhe e il Monferrato diventano monoculture intensive di vite da uva rossa (il vino bianco è stato abolito, lo stappi e sa di Democrazia Cristiana) sul modello della fortunatissima riforma agricola cubana; ritorno alla cara vecchia industria pesante fatta di fonderie, acciaierie e quant'altro; rilancio dell'industria spaziale col lancio del primo satellite marziano "Gianduja Rosso"; riapertura della centrale nucleare di Trino, in barba agli Usa e all'Aiea; riassetto societario e rilancio delle neo-industrie collettivizzate Fiat col modello auto "Grande Trabant" e col carrarmato "Bogia-Nen" (su quest'ultimo si parla di una lunga fila di acquirenti stranieri, capifila gli Stati del Lesotho, Buthan e Nauru). E dulcis in fundo il recupero della nostra amata capitale, Torino. Recupero cioè della sua rassicurante immagine di grigia città industriale dagli ultimi perversi tentativi di farne una metropoli della cultura e del turismo: basta coi flash delle macchine-foto, portatrici in-sane di odioso buonumore capitalistico, ora sotto i portici vogliam vedere solo il luccichìo metallico delle chiavi inglesi! E le facce stanche, ma familiari, degli operai del primo turno.
Chiudo la "Pravda". Che bello, sono di nuovo a casa...

 
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